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Walter Tosto “Ricomincio da 60”

Walter Tosto, presidente dell’omonima ditta e della nostra WTS GAS, è sempre stato dotato della straordinaria capacità di guardare al futuro con tenacia e lungimiranza. Nonostante abbia varcato la soglia degli ottant’anni, continua a rimanere in prima linea per controllare l’operatività della sua creazione: la sua azienda.

In questo libro si racconta e racconta tutte le vicissitudini che sono accadute in questo pezzo di storia dell’imprenditoria italiana. Parla di come, anche quando la fortuna aveva girato le spalle, non si è mai arreso e non ha mai ceduto alla paura di doversi arrendere.Quando tutto il lavoro fatto sembrava essere andato in fumo, è ripartito cavalcando l’onda della globalizzazione e puntando sui mercati esteri, scelta che con il tempo si è rivelata vincente.

Tutti questi sacrifici lo hanno reso più solido e hanno plasmato l’uomo che poi è diventato.Il suo carattere battagliero e intraprendente, lo ha portato a proporsi come esempio da seguire per la nuova generazione; la stessa che oggi continua a guidare l’azienda, eccellenza mondiale del settore di appartenenza.Per leggere di una delle storie imprenditoriali che ha segnato il tessuto economico italiano, leggi: “Ricomincio da 60”, acquistabile su Amazon 

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“Amico GPL”, il serbatoio di GPL firmato WTS Gas

Nel 1994, in uno scenario italiano arretrato e compiaciuto del proprio immobilismo, la Walter Tosto si fa portatrice di innovazione: da qui nasce il serbatoio interrato “Amico Gpl”. L’innovazione, dimostratasi vincente, fu quella di creare un involucro da inserire intorno al serbatoio. Questa aggiunta fornì la possibilità di interrarlo, effettuando uno scavo di dimensioni ridotte, assicurando altresì che eventuali dispersioni venissero contenute nella doppia parete, saturata la quale, il gas può fuoriuscire in atmosfera attraverso i presidi di sicurezza preposti.

COM’È NATO IL SERBATOIO “AMICO GPL”?

“Nel 1984 in Italia si potevano installare solo serbatoi di Gpl all’aperto. Si chiamavano in gergo “maialini” perché da lontano ricordavano le fattezze del simpatico animale. Erano serbatoi dal corpo tondeggiante e quattro gambe di ferro montate sotto la pancia per sostenerlo. Non era certo un bel vedere per i proprietari delle abitazioni che dovevano utilizzarli per riscaldarsi e cucinare. D’altra parte i pochi che volevano provare a nascondere sotto terra il serbatoio dovevano avere a disposizione un ampio spazio, oltre a poter contare su buone risorse economiche. Dovevano infatti realizzare un profondo scavo, costruire una “camera di cemento di armato” e piazzare il serbatoio al suo interno. Logico quindi che in pochissimi optassero per questa scelta, anche per l’invasività della soluzione. Sta di fatto che, insieme al citato ingegner Giovanni Poillucci (oggi scomparso) pensammo a una soluzione innovativa: quella di mettere “un guscio” al serbatoio. Risultato? La nascita di “Amico Gpl”, l’unico composto da un serbatoio metallico contenuto a sua volta in un involucro (guscio) realizzato in polietilene autoportante. Questo serbatoio può essere ispezionato facilmente con una sonda endoscopica per verificarne le condizioni, mentre il guscio evita che il Gpl, in caso di perdite, si possa diffondere nel terreno. L’idea venne brevettata e il successo fu immediato: l’anno era il 1994 e la Walter Tosto si propose come l’unica a realizzare un prodotto simile, venduto peraltro in tutta Italia. I clienti? Quasi esclusivamente le società che commercializzavano il Gpl. Le quali lo concedevano in comodato d’uso all’utente, previa fornitura del gas. Ma in molti pensavano a una scorciatoia, nel senso che spendendo meno per la realizzazione del serbatoio si guadagnava di più. Fortuna volle che il nostro prodotto interrato lo volessero tutti. E per averlo dovevano rivolgersi a noi riconoscendo, in tal modo, il successo di un imprenditore venuto dalla provincia che era riuscito a imporsi sul mercato in maniera dirompente. All’epoca il re delle bombole e dei serbatoi per Gpl era, come accennato, la società Antonio Merloni (che faceva parte dell’omonima grande famiglia di Fabriano, in provincia di Ancona), ma la Walter Tosto di Chieti aveva rotto i loro equilibri di mercato, creando qualcosa di nuovo e inaspettato. Insomma, un prodotto da copertina.

LE STRATEGIE DEI CONCORRENTI DI FRONTE AL SUCCESSO DEL NOSTRO SERBATOIO DI GPL

La reazione dei concorrenti al nostro successo non si fece attendere e così nel novembre del 1994 la Merloni Spa si mise a produrre e vendere un serbatoio denominato “Il Tubero” per lo stoccaggio del Gpl sotto pressione del tutto identico a quello realizzato, prodotto e venduto da noi. A quel punto ci rivolgemmo alla Giustizia ordinaria e ottenemmo, lo ricordo ancora, il sequestro dei loro serbatoi. Pensavo, in questo modo, di aver risolto il problema, visto che anche il Tribunale aveva accertato l’esistenza di una contraffazione e il diritto esclusivo della Walter Tosto a commercializzare il serbatoio “Amico Gpl” che, nel frattempo, era diventato diffusissimo in Italia. E questo successo commerciale mi consentiva di continuare a investire nell’innovazione aziendale. All’epoca avevamo, in pratica, due stabilimenti che producevano il serbatoio Amico in diverse capacità e il totale degli addetti era arrivato a quota 300. Un successo che mi inorgogliva. Purtroppo non immaginavo nemmeno lontanamente quello che stavano tramando ai miei danni. Sta di fatto che mentre eravamo concentrati nello sviluppo del serbatoio Amico – migliorandolo in tutte le sue caratteristiche – nelle “stanze romane” si stava preparando la … rivoluzione. Abbiamo detto: il nostro serbatoio era l’unico che poteva essere installato sottoterra in forza di un provvedimento di equivalenza rilasciato dai competenti organi dello Stato. Ma l’Ispesl – attenzionato sul problema da coloro che non accettavano di acquistare dalla Walter Tosto – aveva deciso di avviare una “sperimentazione”.”

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Il serbatoio ricondizionato deve rispettare le regole del marchio CE

Prima di leggere questo articolo, assicurati di aver letto il precedente. Una volta lanciato sul mercato, il serbatoio “Amico Gpl” si rivelò un vero e proprio successo e come tutti i successi, fu seguito da tentativi di imitazione. Da lì a poco fu dato inizio a una sperimentazione da parte dell’Ispesl. Leggiamo alcuni passaggi sul tema, tratti dal libro Ricomincio da 60.

IL RUOLO DELL’ISPESL NELLA SPERIMENTAZIONE E RICONDIZIONAMENTO

“In Italia venne così avviata una “sperimentazione” che consisteva nell’autorizzare l’installazione di una nuova tipologia di serbatoio che, in deroga alle regole esistenti, potesse essere interrato senza il presidio di sicurezza della camera in cemento armato e senza il contenitore in polietilene autoportante (quello appunto inventato dalla Walter Tosto). Non solo: venne infatti autorizzata anche la possibilità di riutilizzare serbatoi già usati attraverso la procedura di ricondizionamento. In questo modo in Italia si era arrivati a un punto critico. Per far capire quanto grave fosse la situazione voglio descrivere, sia pure in modo sintetico, i termini del problema. Nel nostro Paese vengono distribuite (e consumate) circa 1.683.000 tonnellate di Gpl all’anno (dati 2017 dell’Assogasliquidi, l’associazione confindustriale che raccoglie gran parte delle società di distribuzione di Gpl). Queste società concedono all’utente il serbatoio in comodato gratuito e in tal modo si garantiscono che il cliente – almeno per due anni – si rifornisca in via esclusiva dalla società proprietaria del serbatoio. Sta di fatto che le aziende distributrici di Gpl installano, da più di 15 anni, serbatoi ricondizionati: e attualmente ne risultano installati circa un milione. Si tratta di serbatoi originariamente progettati e realizzati per l’impiego “a vista” o “fuori terra” e che, a causa di successivi interventi di modifica, sono stati riadattati per l’utilizzo interrato. Le società, in tal modo, utilizzano e installano presso gli utenti finali serbatoi costruiti da oltre trent’anni mediante banali operazioni. Queste operazioni vengono purtroppo eseguite senza applicare le norme e/o le regole tecniche vigenti in Italia e in Europa. Quindi i relativi prodotti non possono avere la certificazione comunitaria. Sul serbatoio (così ricondizionato) rimane infatti la targhetta dell’originario costruttore sebbene il manufatto sia stato modificato. Il tutto senza alcuna nuova analisi del rischio che costituisce elemento imprescindibile per la sicurezza (la Direzione generale imprese dell’Unione europea ha chiarito che solo lo stretto rispetto delle norme comunitarie garantisce il serbatoio dal rischio di esplosione).

IL RICONDIZIONAMENTO DEI SERBATOI RISPETTA LE NORMATIVE CE?

Vale la pena ripeterlo, ma a seguito del ricondizionamento il manufatto conserva tutte le originarie caratteristiche costruttive sebbene siano state radicalmente mutate la destinazione e la modalità di utilizzo. Fatto ancor più grave e preoccupante è che l’utente finale – quello che acquista il Gpl – non viene informato sulle caratteristiche del serbatoio che viene installato presso la sua proprietà. Tengo a ribadirlo e non mi stancherò mai di farlo: l’attività di ricondizionamento, quando viene così eseguita, non consente l’apposizione della certificazione CE. E tale gravissima carenza, lungi dal costituire una mera mancanza di carattere formale, appare sintomatica, oltre che di un inadempimento agli obblighi procedurali introdotti dalla normativa nazionale e comunitaria, di un problema di sicurezza sostanziale, in quanto solo l’applicazione congiunta di tutte le previsioni normative riferite a un prodotto consente di valutare in maniera esaustiva la conformità del medesimo ai requisiti di sicurezza richiesti. Quello che ho raccontato (forse con un po’ troppo tecnicismo) è il frutto di un vizio originario che sorge con l’avvento della “sperimentazione”. E adesso cerco di spiegare com’era andata. Siccome all’epoca (era il 1997) non potevano essere autorizzate tipologie di serbatoi come quelle appena descritte (parliamo dei serbatoi con rivestimento in resine epossidiche e con protezione catodica nonché dei serbatoi ricondizionati che usano questa tipologia di supporti) una serie di ministeri – su evidente sollecitazione dell’Ispesl – avviò l’ormai nota “sperimentazione”. Si disse, visto che non c’erano evidenze tecniche: “iniziamo a sperimentare per consentirne la commercializzazione e poi vedremo”.”
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Il processo ai serbatoi ricondizionati di GPL

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Prima di leggere questo articolo, assicurati di aver letto i precedenti.

Il serbatoio ricondizionato deve rispettare le regole del marchio CE

“Amico GPL” , il serbatoio di Gpl firmato WTS GAS

Poiché nessuno pareva rendersi conto del fatto che i serbatoi Gpl ricondizionati non rispettassero le normative CE, Walter Tosto segnalò la situazione alle autorità. Questo portò sia ad un processo penale a carico delle società distributrici di Gpl che a una messa in mora per lo Stato italiano da parte della Commissione Europea per averne violato la disciplina comunitaria. Leggiamo alcuni passaggi sul tema, tratti dal libro Ricomincio da 60.

LA SEGNALAZIONE E L’INIZIO DEL PROCESSO

Tornando al dunque: dal momento che la situazione non si sbloccava, mi presi la responsabilità di segnalare quanto stava accadendo all’Autorità giudiziaria (penale, perché volevo evitare che in caso di incidenti si potesse attribuire una qualche responsabilità al costruttore che aveva ideato e realizzato il manufatto invece di rivolgersi a chi – in modo frettoloso – lo aveva modificato) e all’Unione europea (perché volevo che fosse l’Organo che aveva pensato la Ped, cioè l’Europa, ad affermare che questa norma non si doveva applicare nel caso di serbatoi ricondizionati). Con mia somma sorpresa accaddero due significativi eventi: l’avvio di un procedimento penale a carico di una serie di società distributrici di Gpl per violazione delle norme sulla immissione in commercio dei prodotti, e il contemporaneo invio ad opera della Commissione europea di una messa in mora allo Stato italiano per violazione della disciplina europea in materia di serbatoi per GPL. Questo è il documento:

Ma andiamo per ordine. Come già detto la nostra società si era assunta la responsabilità di denunciare all’Autorità giudiziaria penale  (dopo avere per anni tentato invano di sensibilizzare il settore e gli  organi preposti al controllo) la gravissima situazione sopra menzionata. All’esito della denuncia, la Procura della Repubblica presso il  Tribunale di Chieti aveva chiesto il rinvio a giudizio dei legali rappresentanti di alcune società distributrici di Gpl contestando il reato  di cui all’articolo 515 del codice penale (Frode in commercio) nonché dell’articolo 517 (Vendita di prodotti industriali con segni men daci). Venne inoltre contestata alle società la violazione dell’art. 25  del D.Lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa  delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive  di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000 n. 300). Queste contestazioni furono formulate su ordine del Giudice delle  Indagini preliminari, il quale dispose l’imputazione coatta in ragione  delle conclusioni cristallizzate in una perizia tecnica all’esito di un incidente probatorio. L’ipotesi di accusa contestava la violazione del Decreto legislativo  93/2000 e del Decreto ministeriale n. 329 del 1.12.2004, precisando che  il ricondizionamento dei serbatoi sarebbe avvenuto nell’inosservanza  delle suddette norme e che i manufatti trasformati risultano privi del  marchio CE. Inoltre, alcuni dei serbatoi ricondizionati oggetto d’indagine risul tavano proprio costruiti dalla nostra azienda e risultavano modificati  senza nessun tipo di indicazione sul soggetto che li aveva ricondizionati. Anzi, l’Autorità giudiziaria, attraverso la perizia (eseguita su otto  serbatoi), aveva verificato che la prassi adottata in Italia sul ricondizionamento risultava applicata perlomeno dall’anno 2005. Su questa base probatoria era stato avviato il procedimento penale  che è tuttora in corso. La vicenda ebbe anche un certo rilievo sulla stampa, come conferma  il seguente articolo a firma di Gianluca Lettieri pubblicato il 7 novembre 2018:

Serbatoi Gpl fuorilegge, in 4 a processo 

Sotto accusa i bomboloni ricondizionati e interrati, la procura contesta il reato di frode: impianti senza marchi, utenti ingannati

Arriva a processo un’inchiesta della procura di Chieti sui serbatoi di Gpl interrati e ricondizionati senza rispettare la legge. Un’indagine che è destinata  a diventare un caso nazionale: sono 900mila i serbatoi potenzialmente irregolari secondo i calcoli dell’Aipe, l’associazione delle imprese di caldareria.  Il sostituto procuratore  Giancarlo Ciani  ha citato a giudizio quattro grossi  distributori di gas gpl e le rispettive società (queste ultime per responsabilità  amministrative) (…). L’accusa è di presunta frode in commercio: la prima  udienza è stata fissata al 3 dicembre.

Il problema nasce dal fatto che l’utente finale, quando dispone di un serbatoio esterno, ha spesso interesse a riconvertirlo per interrarlo. E questo passaggio andrebbe fatto seguendo precise norme europee che,  nei 6 casi contestati alle società finite sott’accusa, non sarebbero state però rispettate. A far scattare l’inchiesta in cui i costruttori di serbatoi risultano parti offese è stato uno dei giganti del settore, la Walter  Tosto di Chieti Scalo. I serbatoi ricondizionati, infatti, vengono dati agli  utenti in comodato d’uso dalle ditte di distribuzione del gas, ma rimangono di proprietà della casa costruttrice. La stessa Wts ne ha messi tantissimi sul mercato e, di conseguenza, non vorrebbe vedersi addebitare ipotetiche future colpe causate da impianti pensati per uso  esterno e, successivamente, ricondizionati da altri per essere interrati. L’imputazione è la stessa per tutte le società (…). Gli impianti in questione risultano dunque privi del marchio della Comunità europea (CE). In sostanza,  si legge sul capo d’imputazione, «all’utente finale non veniva fornita alcuna informazione sulla modalità di ricondizionamento dei serbatoi installati  presso la sua proprietà inducendolo così a ritenere che fossero conformi ai requisiti di legge, così come dichiarato dalla società distributrice». Nel corso dell’inchiesta, che ha portato al sequestro dei serbatoi ritenuti irregolari e installati tra Francavilla, Bucchianico, Orsogna, Pollutri e Archi, il  perito del giudice ha affermato che gli impianti esaminati «erano in pessime  condizioni: presentavano isolamento realizzato con materiale non idoneo;  limiti significativi nei sistemi di sicurezza e protezione». E in uno dei casi analizzati il marchio CE era addirittura falso.

 

A quel punto cosa successe? Con l’incidente probatorio eseguito  nell’ambito del processo penale vennero rimossi dalla sede interrata i “serbatoi ricondizionati” e l’esame visivo di tali manufatti (tutti esaminati dal perito) rilevò la gravità delle criticità relative alle  modalità di installazione e di controllo, ai presidi di sicurezza degli  stessi e alle procedure di certificazione CE. Il tutto come meglio descritto e cristallizzato nella consulenza formatasi nel contraddittorio delle parti. Una delle cose più rilevanti evidenziate nell’ambito della perizia si  identificava nel fatto che le modalità di ricondizionamento dei serbatoi  erano state eseguite in totale difformità rispetto agli standard costruttivi europei previsti e disciplinati dalla direttiva Ped recepita in Italia  dal decreto legislativo 93/2000.

Questa relazione aveva e ha posto in evidenza le gravissime difformità accertate sui “serbatoi ricondizionati” oggetto della perizia:  che cioè si trattava di manufatti costruiti tra il 1987 e il 1997; che  nessuno dei serbatoi esaminati risultava aver rispettato le regole di  installazione e al perito non erano stati forniti i documenti richiesti  quali libretto d’uso e manutenzione; che nessuna documentazione inerente la manutenzione era stata effettuata sul serbatoio, così  come nessuna certificazione appariva sulla valvola di taratura. Inoltre, le protezioni con anodi sacrificali risultavano per la gran parte  inutilizzabili e in alcuni casi esse non erano state installate, il rivestimento in vernice epossidica risultava spesso gravemente danneggiato e in alcuni casi addirittura mancante, mentre la documentazione fotografica attestava le più che approssimative condizioni di  installazione del serbatoio e lo stato di degrado dello stesso (si consideri che uno dei serbatoi ricondizionati risultava protetto con un  anodo sacrificale custodito in un fondo di vaso di coccio e lo stesso  anodo risultava chiuso con un “tappo di bottiglia per spumante”). E  ancora: la gran parte dei serbatoi era stata installata presso l’utente  finale senza la fornitura del libretto di uso e manutenzione. Infine,  in molti casi, i serbatoi ricondizionati risultavano privi dei certificati  di prevenzione incendi. Questi dati che ho voluto riassumere costituiscono, pur nella loro  sinteticità, un quadro preoccupante e dimostrano che la tipologia dei  “serbatoi ricondizionati” è stata utilizzata per superare coscientemente  i parametri costruttivi previsti dalla legge italiana che ha recepito (lo  ripeto) la disciplina europea. In un altro caso, fra quelli oggetto del procedimento penale, era stato accertato che sul serbatoio risultava apposta addirittura una falsa  etichettatura CE. Ma non è tutto.

LA LETTERA DELLA COMMISSIONE EUROPEA

Alla vicenda penale tuttora in corso  ha fatto seguito la presa di posizione della Commissione europea –  Direzione Generale Enteprise – che ha dato corso alle notizie comunicate dall’azienda e con la nota del 15 marzo 2018 (GROW/C3/PT/alm  1477960) la Dg Enterprise ha precisato che tutti i prodotti a pressione (compresi i serbatoi ricondizionati) devono rispettare la Direttiva  97/23/CE e la Direttiva 2014/68/UE per poter essere immessi sul mercato ed essere installati. Anzi, la Commissione europea ha fatto di più: ha scritto la nota del  marzo 2018 nella quale indica chiaramente che “i serbatoi ricondizionati di Gpl per essere legalmente immessi sul mercato e messi in esercizio devono essere verificati in accordo con le previsioni delle Direttive 97/23/CE o 2014/68/EU” affinché siano garantiti i requisiti di sicurezza volti ad  “assicurare che i pericoli dovuti alla pressione siano sufficientemente coperti (id. est. rischio di esplosione)”. L’integrale contenuto della nota che ritrascrivo aiuta a comprendere  l’importanza della posizione assunta dalla competente Direzione generale della Commissione europea:

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L’esito del procedimento penale

18 Dicembre 2020

L’esito del procedimento penale

Prima di leggere questo articolo, assicurati di aver letto i precedenti.

Il processo ai serbatoi ricondizionati di GPL

Il serbatoio ricondizionato deve rispettare le regole del marchio CE

“Amico GPL” , il serbatoio di Gpl firmato WTS GAS

Lo scorso 31 ottobre si è concluso il procedimento penale con la condanna, per reato di frode, di quattro grandi distributori di gas Gpl e le rispettive società.

L’ORIGINE DEL PROCEDIMENTO PENALE

L’inchiesta è scaturita da una segnalazione operata dalla Walter Tosto, la quale era preoccupata della modifica eseguita su alcuni serbatoi di sua produzione e modificati senza rispettare la disciplina europea. In tal modo l’utente finale si trova ad utilizzare un manufatto completamente modificato ma che porta ancora la targhetta identificativa del costruttore originario che resta ignaro delle modifiche apportate al prodotto. Spesso anche gli utenti non conoscono la natura “ricondizionata” del deposito che viene installato presso di loro.

 

L’ESITO DEL PROCESSO

Il giudice, con la sentenza dello scorso 31 ottobre 2020, ha pronunciato la condanna di tutti gli imputati per i reati contestati.